Si conclude anche quest’anno la rassegna che rende il vostro giovedì un po’ più speciale. ArtRockMuseum anche quest’anno volge al termine, ma come sempre col merito di aggiungere la musica alla nostra settimana. Ma non siamo malinconici, perchè per salutarci Palazzo Pepoli ospiterà una delle band autoctone (o meglio semiautoctone) che sono capaci di farci shakerare piedi, braccia e anche: i Rumba de Bodas, reduci da concerti col botto per presentare Superpower vi aspettano giovedì 18 aprile!
Ecco che cosa abbiamo chiesto alla band in attesa del live intervista!
- Tocca a voi chiudere la rassegna 2019 di ArtRockMuseum con la vostra energia incontrollabile. Avete suonato in ogni sorta di ambiente possibile, da grandi palchi a piccoli locali e strade trafficate. Vi era mai capitato di suonare in un museo? Come la vedete?
Non ci è mai capitato di suonare in un museo, ma ci abbiamo dovuto pensare un pò prima di rispondere, visto che la nostra carriera musicale è stata piena di posti inaspettati. Spesso ci è capitato di suonare in edifici storici e suggestivi, come la Tron Church di Edinburgo, o la Chiesa medievale di St. Mary a Ipswich. Suonare in edifici o locali non originariamente pensati per la musica è sempre stimolante, anche se a volte questi posti si portano dietro problematiche non da poco, come riverberi di diversi secondi o palchi improvvisati. La forza del progetto nasce anche dalla possibilità che abbiamo avuto di portare la nostra musica in un sacco di posti diversi, trovando il modo di adattare l’energia e il carattere del progetto in modo da funzionare in un tendone da circo come in un battello a vapore, per citare due posti dove abbiamo suonato negli ultimi anni.
- Il vostro ultimo album, Super Power, vi ha portato a vagare un po’ per il mondo: Francia, Germania, Corea, Regno Unito… in Italia il vostro seguito, rispetto all’evidente immenso talento che avete, è ancora abbastanza di nicchia, cosa manca secondo voi?
Da sempre ci piace giocare con i generi, ma anche con le lingue: nei nostri primi due album abbiamo cantato in italiano, inglese, francese e spagnolo. ‘Superpower’ invece è tutto in inglese: negli ultimi anni siamo stati in tour in tutta Europa e volevamo fosse universale, che ci comprendessero tutti. Ma non abbiamo abbandonato la nostra lingua! Stiamo creando nuova musica e provando a conciliare il nostro stile internazionale con l’italiano.
In Italia ora è il momento della musica Indie, realtà che musicalmente non ci rispecchia: noi siamo lunatici e ancora non siamo riusciamo a limitarci ad un genere solo, questo forse disorienta un po’ gli ascoltatori del Belpaese.
- Il terzo album è uscito solamente un anno fa ma la domanda è d’obbligo, quali sono i vostri progetti per il futuro? E se possiamo esagerare, come vi vedete da qui a 5 anni?
Abbiamo da poco introdotto un chitarrista alla nostra piccola orchestra, ci piacerebbe continuare a integrare suoni nuovi, aprendo i nostri linguaggi a sonorità diverse. Già nell’ultimo album abbiamo cominciato a esplorare l’elettronica, con un uso sempre maggiore di sintetizzatori. In futuro ci piacerebbe uscire dagli schemi che ci hanno influenzato, rimodulando gli schemi serrati del concerto come lo abbiamo fatto fin’ora, con tanti pezzi brevi che si susseguono l’un l’altro, e provare a esplorare strutture più aperte, con più spazi dedicati all’espressione solistica. Vorremmo anche ricominciare a scrivere in Italiano, che nell’ultimo album abbiamo abbandonato completamente. Sicuramente nell’orizzonte più prossimo c’è un altro album, probabilmente già l’anno prossimo. Per gli orizzonti più lontani preferiamo non sbilanciarci, tanto sappiamo che I piani a lungo termine sono fatti per essere cambiati!