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Punk, gispy e raggae: il Pistoia Blues con Gogol Bordello e Dubioza Kolektiv

Il programma del Pistoia Blues è notoriamente variegato, ma il 12 luglio ha virato su una combinazione esplosiva di gruppi internazionali. La combo Gogol Bordello e Dubioza Kolektiv, frequenti nei programmi dei maggiori festival del 2017, non ha deluso le aspettative nemmeno durante la tappa pistoiese.

Una data con un’incidenza energetica oltre i limiti pensabili: sul palco, ad anticipare l’arrivo degli artisti esteuropei, due gruppi italiani con un grandissimo potenziale rinvigorente. A scaldare l’atmosfera della Piazza Duomo si sono esibiti Frank DD & Friends e Disperato Circo Musicale. Il pubblico già carico è partito a molla con queste due formazioni votate a musicalità che ben si accostano al balkan punk. I Frank DD & Friends (dei quali vi proporremo a giorni un’intervista su Radio Cà Foscari), sono di fattura fiorentina: un prodotto di artigianato musicale che nel giro di qualche anno ha saputo farsi riconoscere. Formatisi nel 2014 hanno inciso un primo album dove gli ingredienti raggae, influenzati da pop e jazz, sono accompagnati da interessanti testi in italiano. Le caratteristiche, rafforzate poi nei lavori successivi, fanno dei Frank DD & Friends un gruppo di notevole interesse, non a caso premiato lo scorso anno a “Toscana 100 Band” e finalista ad Arezzo Wave contest. Stessa vivacità e tenuta del pubblico per i veronesi Disperato Circo Musicale. Il gruppo, che compie sei anni, porta sul palco di Pistoia un patchanka ben miscelato e originale. Pur rientrando in un genere interpretato da diversi gruppi negli ultimi anni, i tratti distintivi dei disperati musicisti si confermano nei due album: nel 2014 esce “A Gang Bang Experience”, seguito poi lo scorso anno da “Superbomba”.

I livelli di guardia energetici sono stati superati in un balzo con l’arrivo dei Dubioza Kolektiv. La piazza, gremita di ragazzi accalcati per ballare il più vicino possibile al palco, ha preso un breve respiro prima di scaricarsi con il punk balcanico. Ad anticipare l’arrivo dei Gogol Bordello, i Dubioza Kolektiv fanno tremare la piazza. Il gruppo bosniaco fa sfoggio di tutta l’esperienza live e porta sul palco i pezzi più famosi cantati a gran voce da sottopalco. Le cifre di diffusione dell’ultimo album, Happy Machine, li confermano dei rivoluzionari musicali, amati internazionalmente parlando. Punk ed elettronica gettati a piene mani su una base inconfondibile di musica balcanica: uno stile, quello dei Dubioza, che è impossibile confondere. I temi sociali e politici, spinti da una base potentissima, rendono i brani del sesto album un continuum del lavoro portato avanti dal 2003. Proclamatisi da subito una band non convenzionale si sono cuciti addosso una perfetta antidivisa da rivoluzionari. Non solo musicali.

Rapido cambio palco, grappoli di ragazzi seduti a terra in fase di ripristino delle forze. Le file per la birra fresca si allungano, con lungimiranza del pubblico che vede prospettarsi un’ora e mezza impegnativa. Già dall’arrivo sul palco della carovana musicale capeggiata da Eugene Hunz, il pubblico è a mille. Senza mezzi termini i Gogol Bordello si gettano dal primo pezzo in un lancio senza protezione: dopo “Break into your higher self“, quindici pezzi sparati sulla folla senza tregua. L’immancabile bottiglia di vino di Eugene volteggia spargendosi sulle note di “Alcohol”, “Mistho”, “Burning Cold”. A pochi pezzi dalla fine lo stage diving in pieno stile gogolbordelliano: uno dei tamburi diventa una zattera che fluttua sul mare di corpi sudati. La scaletta si srotola arrivando alla fine con “Start wearing purple” e “Pala tute”. Dopo un’uscita poco convinta il gruppo ucraino risale per gli ultimi quattro pezzi di miscela gipsy punk. In attesa dell’uscita del nuovo album, il decimo dalla fondazione del gruppo, la serata si chiude con altri quattro grandi successi tra cui “Sally”  e “We did it all”. La folla si calma dopo la seconda uscita a metà tra il soddisfatto e lo spompato. La serata più carica del Pistoia Blues si riversa nelle stradine del centro storico, riassemblandosi in gruppi di percussioni che continuano ancora per un po’.