Sabato 17 aprile siamo stati a Roma per seguire la manifestazione dei Bauli in Piazza e conoscere la realtà del Globe Theatre occupato a Villa Borghese. Due realtà molto diverse ma con tanti punti in comune.
Sabato in piazza del Popolo a Roma si sono riunite molto più delle 1000 persone previste. La piazza era piena di persone vestite di nere di fronte a dei grossi bauli vuoti. Tanti bauli neri ed uno rosso in ricordo delle vittime della pandemia, dirette o indirette.
La manifestazione si inserisce all’interno dei tanti percorsi di protesta del settore, oltre alla manifestazione di Milano sempre dei bauli in piazza, all’Ultimo Concerto, Cambiamo musica?, lettere aperte, proteste di lavoratori e proteste sindacali.
Tante le realtà che hanno preso parte all’iniziativa. Tanti gli artisti importanti come Renato Zero, Emma Marrone, Manuel Agnelli, Daniele Silvestri, Diodato, Max Gazzè, Roy Paci, Alessandra Amoroso, Fiorella Mannoia, Bruonori Sas.
Ma molti di più i lavoratori dello spettacolo: dagli organizzatori di eventi ai dj, dalle maestranze del teatro ai fonici, da artisti esordienti a rappresentanti di uffici stampa, booking, tour manager, montatori di palco.
La richiesta da parte di tutte le persone coinvolte è quella di essere visti e ascoltati, come recitava lo striscione steso a fine manifestazione “Governo, ora ci vedi?”
“Al Governo chiediamo soprattutto chiarezza” ci dice Antonio che si occupa di uffici stampa, “gli eventi vanno costruiti e preparati e non avere progettualità significa non poter organizzare nulla.”
“Chiediamo di sapere come e quando e se potremo ripartire” ci dice Gene che fa il fonico ed è arrivato con un gruppo di colleghi da Bari.
“I problemi del nostro settore sono pregressi alla pandemia” ci dice Alessandro che invece fa il dj “la mia posizione contrattuale non rientra in nessuna categoria e non si riesce a inquadrare con un contratto di riferimento.” Nadia lavora alla cassa di una discoteca pugliese e si occupa di organizzazione serate, gestione PR e annessi e connessi “la prima cosa è sperare che tutto passi in fretta e si torni alla vita com’era, ma nel frattempo vogliamo sapere se possiamo organizzare cose e come farlo in sicurezza.”
“E’ una situazione che la politica non può risolvere da sola, dobbiamo uscirne insieme ed è necessario che tutto il mondo dello spettacolo si prenda anche le sue responsabilità. Già prima della pandemia il settore dello spettacolo e della cultura soffriva perché non esistono contratti lavorativi adeguati, tutele adeguate” ci racconta Manuel che lavora nel teatro.
“I grandi organizzatori di eventi sono parte del problema. E’ un problema che è sempre esistito, è necessario parlare di inquadramento professionale, di contratti e di sicurezza sul lavoro, cosa di cui molti si son sempre lavati le mani” ci dice V. che lavora come montatore di palchi.
QUI LE INTERVISTE AD ALCUNI DEI PARTECIPANTI
Sabato in piazza del Popolo si sono riunite tutte queste realtà, vestite di nere, con le maglie dei #Bauliinpiazza e una maschera nera in volto. Alle 17.00 è partito il conteggio sui grandi schermi, da 1 a 365, il primo anno senza eventi e poi scandito dalla percussione sui bauli vuoti il conteggio fino a 419, il totale dei giorni in cui l’intero settore è stato praticamente fermo. Al termine uno striscione sovrasta la folla
“Governo, ora ci vedi?”
Al termine del flash mob gli organizzatori applaudono e salutano ma i manifestanti continuano a sbattere sui bauli, sembra quasi un rito di liberazione collettivo.
Al termine della manifestazione decidiamo di andare a scoprire un’altra realtà di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo in lotta. Attraversiamo villa Borghese e raggiungiamo il Globe Theatre occupato da una circa una settimana da lavoratori perlopiù legati al mondo del teatro.
Una protesta molto diversa, un’occupazione 24 ore su 24 che parte dal teatro per affrontare tematiche molto più ampie ed universali. Dietro gli oratori dell’assemblea autogestita campeggiava uno striscione con la scritta “Reddito universale incondizionato per tutt*” scritto in inglese. Un tema che esula dallo spazio in cui era affisso.
“Riapriamo questo spazio a tutte le precarie, a tutti gli sfruttati, per riappropriarci di un tempo di confronto e autoformazione”
Questo uno degli slogan della protesta che ha perso piede non solo a Roma, ma in tanti teatri di tutta Italia.