I Giardini di Mirò, un concerto sospeso tra moderno e classico

Il 2 marzo è finita l’attesa per il ritorno di una band che è una pietra miliare della musica italiana. Il Locomotiv Club ha ospitato i Giardini di Mirò.

di Davide Bottazzi
Li abbiamo intervistati pochi giorni fa in attesa di questo concerto che non ha tradito le aspettative.
Sonorità compatte, atmosfere diluite. Dopo una lunga assenza dalle scene i Giardini di Mirò tornano sul palco del Locomotiv Club per ricordare alla sala gremita che i tempi cambiano per riportarci a noi stessi.
Continuità come segno di rinnovamento. Una prova magistrale in cui archi e fiati di Emanuele Reverberi e Mirko Venturelli infondono al vorticoso mantra prodotto dalle chitarre di Corrado Nuccini e Jukka Reverberi travolgente maturità e intima completezza. Il tutto accompagnato con delicato impeto dalla batteria di Lorenzo Catellani e dalle tastiere di Luca Di Mira.
Energia sprigionata che prende con sè i pensieri e li porta in psichedeliche evoluzioni e ovattati paesaggi. L’intermittenza luminosa della scritta “Different Times” e delle lampade che si stagliano tra i musicisti sottolineano come la contemporaneità non sia altro che scintillante e effimero prodotto di una storia in continuo mutamento. Le poche parole pronunciate oscillano tra armoniche onde e improvvise agitazioni andando a solleticare le vibrazioni nella mente e nel cuore dei presenti.
Evoluzione che ha sapore di conferma. I Giardini di Mirò, dopo una ventennale attività e migliaia di show all’attivo, mantengono inalterata la loro innata capacità di porci davanti a una cornice senza quadro in cui si riversano pulsioni e pensieri, trascinati e amplificati dal sound onirico e perforante della band reggiana che, nonostante gli anni di assenza, dimostra di aver ritrovato se stessa. O meglio, di non essersi mai smarrita.