Nuju pirati e pagliacci foto

Album della settimana. Nuju: “Storie vere di una nave fantasma”

E’ in uscita venerdì 9 marzo, per l’etichetta Manita Dischi, il nuovo album dei Nuju: Storie vere di una nave fantasma. Il disco è il sesto album in studio e il quinto di inediti della band calabrese di adozione emiliana. Abbiamo voluto fargli qualche domanda sulla band e sull’album, che vi racconteremo tra pochi giorni.

Il disco esce a poco più di un anno da Pirati e Pagliacci, datato 2016, ma contiene tanta nuova energia e storie da raccontare. Questo nuovo album inizia come molte storie che ci raccontavano da bambini:

C’era una volta una nave fantasma, ce ne sono altre e ce ne saranno sempre. C’erano delle storie, dei personaggi e dei luoghi sospesi nel tempo che, ciclicamente, si ripropongono in vesti diverse, ma che condividono la stessa morale e gli stessi insegnamenti. C’erano dei sognatori su una piccola imbarcazione, armati di torce, bottiglie e chitarre che inseguivano questa nave perché convinti che i fantasmi vanno sempre raccontati.

 

La copertina di “Storie vere di una nave fantasma”

E’ in uscita il 9 marzo per Manita Dischi e Latlantide edizioni il vostro nuovo, nonché quinto disco di inediti, dal titolo “Storie vere di una nave fantasma”. Titolo enigmatico che in una specie di allegoria racchiude la realtà e la fantasia, il mondo come è e come vorremmo che fosse. Cosa volete raccontare in questo album? Che messaggio cercate di veicolare?

Per noi in realtà il titolo del disco è abbastanza esplicito, perché l’idea è stata quella di raccontare delle storie di personaggi senza luogo e senza tempo. Toccare argomenti profondi senza, però, scavare troppo a fondo, sollevando delle riflessioni con la leggerezza dell’ironia e del canto scanzonato. Non cerchiamo di essere dei giudici, non vogliamo dare dei giudizi su nulla e nessuno, ma solo far riflettere, con la speranza che gli ascoltatori possano identificarsi o riconoscere qualcuno o qualcosa di familiare in queste storie.

L’album ha anche un lavoro grafico molto interessante, un regalo in più per il pubblico, un’opera d’arte nell’opera d’arte. Come mai avete deciso di fare questo dono?

È già da un po’ di tempo che collaboriamo con Lorenzo Menini come videomaker. Mentre ci trovavamo al Caffettino Area, il suo studio, abbiamo scoperto le sue grandi doti da fumettista, così gli abbiamo chiesto di prestarci la sua matita per rappresentare le nostre storie surreali al limite tra reale e immaginazione. Il risultato finale è una graphic-novel che cammina di pari passo con le canzoni, un aspetto in più nella lettura del concept del disco.

La band al completo

I Nuju nascono nel 2009 in Emilia anche se di origini calabresi. Come è andato il vostro incontro e come e perché avete capito che dovevate costruire qualcosa insieme?

La nascita dei Nuju è ormai datata, abbiamo quasi 10 anni di carriera, è passato davvero tanto tempo dal primo concerto a maggio del 2009 e dal primo disco del 2010. Sembra una vita fa… L’incontro tra i cinque musicisti cofondatori è stato inevitabile nella Bologna di quegli anni. Venivamo da diverse esperienze musicali e da diverse band, che suonavano generi diversi tra loro. Bologna alla fine è una metropoli, ma rimane un paesone, è piccola, ci conoscevamo tutti e, visto che c’era la voglia e il bisogno di raccontare e raccontarsi attraverso delle nuove canzoni, la nostra unione è stata la conseguenza più logica. Ecco dunque che ormai quasi trentenni abbiamo dato vita a questo progetto con lo spirito spensierato, avventuroso e disilluso degli adolescenti, che quando imbracciano una chitarra in sala prove sognano il grande palco.

Dal 2009 ad oggi avete fatto un’infinità di live, siete al quinto disco più un rarissimo album di inediti e una raccolta. Cosa è cambiato negli anni, sia dal punto di vista compositivo che di rapporto col pubblico e con la musica?

Sono cambiate tantissime cose, anche se alcune dinamiche sono rimaste invariate. I primi cambiamenti riguardano la line-up dei Nuju, qualcuno ha lasciato la band e quindi è stato sostituito, ma ritrovare un buon equilibrio non era certo cosa scontata. L’approccio compositivo, invece, per fortuna è rimasto invariato, ci piace una certa semplicità nello scrivere canzoni, pochi virtuosismi, ritmi incalzanti e testi diretti e schietti.Nuju nella nave fantasma

I temi che trattiamo a volte ritornano, perché riguardano la vita in cui nuotiamo tutti i giorni e, col passare degli anni, siamo cresciuti, invecchiati, maturati e, quindi, potrebbe anche cambiare il punto di vista dal quale guardiamo alcuni temi che meriterebbero di essere trattati.

Il rapporto col pubblico si è consolidato, non avendo una schiera di fans così vasta, siamo riusciti negli anni a far nascere delle vere e proprie amicizie con chi ancora oggi è disposto a farsi dei chilometri per vederci suonare. Di recente abbiamo avuto una bella prova d’amore da parte del nostro pubblico, che ci ha sostenuto durante la campagna di crowdfunding per la realizzazione di Pirati e pagliacci, l’album raccolta.

Il nostro rapporto con la musica invece è cambiato notevolmente, perché quando abbiamo iniziato eravamo quasi tutti studenti, mentre oggi siamo dei musicisti “dopolavoristi”, quindi ci tocca trovare il tempo per le prove e l’ispirazione per una canzone, tra una poppata di biberon e un turno a lavoro. Per fortuna lavoriamo tutti nel sociale e in campo educativo a contatto con i giovani, spesso in contesti di disagio e, dunque, essere educatori, insegnati, musicoterapeuti è per noi un valore aggiunto, sia come persone che per le storie che raccontiamo nelle nostre canzoni. Ci teniamo però a dire che mentre negli ultimi anni nel mondo e in Italia è cambiata la musica, sia il modo in cui farla che promuoverla, noi ci sentiamo decisamente fuori moda, d’altri tempi e orgogliosamente old school.

Nell’album ci sono riferimenti a varie culture e parti del mondo. Da “Pagliaccio” che parla della Siria alla città greca di Rodos narrata in “una faccia una razza” passando per Parigi, “la città degli innamorati”. Dopotutto il titolo del disco parla di una nave, quindi di un viaggio, lo stesso nome Nuju, nessuno, si ispira ad Ulisse, al viaggio. Insomma, cosa rappresenta il viaggio per voi? C’è un luogo a cui siete più legatI?

Il viaggio per noi è tutto, il punto di partenza e il punto d’arrivo, se un giorno un arrivo ci sarà… Sai, siamo tutti figli di emigranti, in Germania o in Lombardia, e, oggi, siamo noi stessi degli emigranti che hanno costruito vita, lavoro e famiglia in Emilia Romagna. Siamo sempre lontani da casa, malgrado ne abbiamo costruite delle altre. In costante movimento, alla ricerca della felicità, consapevoli di non vincere all’arrivo, a fine corsa, ma di migliorarsi durante il tragitto delle strade percorse.

Il viaggio è la metafora della vita, delle vie che abbiamo imboccato, non ci sono mai piaciute le scorciatoie, anche se diamo sempre il massimo non ci è mai interessato andare veloci, siamo per la condivisione, per cui ci muoviamo insieme, in collettivo, per arrivare lontano.

L’album si ascolta in maniera facile e molto piacevole, non ci sono molti arzigogoli, il che aiuta a comprendere appieno i testi e ad apprezzare il disco con serenità. Ad eccezione di “Gluck” che è in tedesco e “Onde Radio” che è un po’ in inglese, un po’ in dialetto. Perché questa scelta?

I nostri dischi hanno sempre avuto un’impronta world, più da un punto di vista musicale che testuale, anche se abbiamo sempre mescolato le lingue, non è la prima volta. Il nostro cantante è nato in Germania e ci ha vissuto fino ad undici anni, quindi, essendo madrelingua, qualche volta abbiamo affrontato il tema dell’emigrazione direttamente in tedesco. In occasione di un brano pensato per un progetto con i Modena City Ramblers abbiamo cantato il ritornello in dialetto calabrese e, prima ancora, abbiamo scritto una canzone in inglese maccheronico. Insomma, non siamo nuovi a queste contaminazioni e questa volta ci siamo lasciati andare un po’ di più.

Glück è un brano amaro che narra la storia di un emigrante che racconta ai suoi cari di cavarsela egregiamente in terra straniera, ma in realtà sta camuffando la verità; ci è sembrato naturale scriverlo e cantarlo interamente in tedesco. Ci capita spesso di suonare in Germania ed è gratificante quando siamo compresi durante il live. “Una faccia una razza”, invece, vuole omaggiare la Grecia, per cui il testo è mix tra italiano, greco ed inglese. “Onde radio”, infine, che vede la preziosa collaborazione di Cesko degli Apres La Classe, ha l’ambizione di ricordare la potenza della musica in quanto linguaggio universale, perché in grado di far festa a chiunque e dovunque, nonostante il clima di terrore di questi anni. Pertanto c’è stata l’esigenza di scrivere un testo italo-inglese, arricchito dai flow e dallo slan salentino del mitico Cesko.

In ogni album, si sa, ci sono canzoni a cui ogni artista è più o meno legato. Voi, o anche ognuno di voi ha qualche legame particolare con qualche brano di questo album? E perché’?

Certo, ognuno di noi ha dei brani a cui si sente più legato, ad esempio Fabrizio, il cantante è particolarmente affezionato a “Denaro”, perché è stata la prima canzone scritta per il nuovo album. Inoltre è un brano “cazzuto” e scanzonato, scritto alla vecchia maniera, con quattro accordi in levare, cassa dritta e testo chiaro e diretto. L’approccio che abbiamo avuto verso questo brano ha influenzato la scrittura del resto del disco.

Invece Stefano, il nostro batterista, è legato a “La città degli innamorati”, perché dà all’album un tono romantico e lui stesso si è immedesimato nel testo, così come altre persone potranno fare. Inoltre il ritmo incalzante dal sapore di tango che inizia dalla frase «L’amore è magico, l’amore a volte è tragico», per il nostro batterista rappresenta le due facce della stessa medaglia, sogno e sofferenza della storia d’amore.

Infine il nostro chitarrista dice sempre che Pagliaccio” e “Arrivano dal mare” sono le canzoni più mature che siamo mai riusciti a scrivere, perché abbiamo raccontato la realtà che ci circonda in modo diretto, con semplicità per provare a sensibilizzare chi ci ascolta sul tema della guerra in Siria e sui rifugiati. Insomma ognuno di noi ha un legame con qualche brano ed il bello è che alla fine ogni canzone rappresenti tutta la band.

I Nuju sono:

Fabrizio Cariati: voce, synth, cori
Marco Ambrosi: chitarre, bouzouki
Stefano Stalteri: batteria, percussioni
Gianluca Calò: basso
Marco Giuradei: fisarmonica, organo, synth