Il 1° febbraio il Locomotiv Club di Bologna era gremito di gente per il dj set di Sir Bob Cornelius Rifo, noto ai più come The Bloody Beetroots.
Definire djset uno spettacolo simile è molto riduttivo, la carica adrenalinica di uno show del genere è impattante ed incontenibile.
Entriamo al Locomotiv Club mentre ancora si sta riempiendo, sul palco Bruno Belissimo scratcha un po’ di vinili per prepararci alla serata.
Intorno a noi persone di ogni tipo, a conferma del fatto che The Bloody Beetroots va oltre i generi musicali. Non è mi consuetudine categorizzare il pubblico ma l’impressione è che si passi agevolmente da raver a metallari, da truzzi discotecari a giovani nerd senza soluzione di continuità.
Si chiude il sipario e quando si riapre siamo letteralmente travolti dalle luci al neon bianche che quasi ci accecano. Un’ora circa di musica ininterrotta che scatena anche qualche pogo sotto il palco. Sir Bob Cornelius che salta dalla console al palco, i pezzi che si susseguono uno dietro l’altro mentre la gente fatica a stare ferma.
The Bloody Beetroots ci ipnotizza tra brani più celebri e meno celebri tra cui una sorta di cover/omaggio a Volevo un gatto nero (you promised me).
Il progetto nasce nel 2006, Sir Bob Cornelius è italiano ma di stanza a Los Angeles, innumerevoli sono le sue pubblicazioni discografiche: Romborama (Dim Mak, 2009), Hide (Ultra Records, 2013), The Great Electronic
Swindle (Last Gang, 2017) e l’ultimo Ep Heavy (2019). Nel corso degli anni The Bloody Beetroots ha collaborato con i più disparati artisti: Paul McCartney, Perry Farrell, Frank Carter & The Rattlesnakes, Zhu, Boys Noize e Steve Aoki.