Io, ad essere sincera, il Qi Gong non ho idea di cosa sia. E sicuramente non avrei pesnato di dovermene occupare durante un concerto. Eppure, ieri sera al Vibra, i Tre Allegri Ragazzi Morti me lo lanciano dal palco, così.
Ad essere precisi è stato Toffolo, vestito da cucciolo di cane con l’immancabile maschera, che ha obbligato il pubblico a fare sti ‘esercizi. Prima una serie di piegamenti sulle ginocchia. Poi la richiesta di essere mandati ‘affanculo. Sicuramente questi trent’anni di compleanno segnano i Tre Allegri Ragazzi Morti in maniera molto peculiare. E se avete perso la nostra intervista potete recuperarla.
Quello che rimane sicuramente inscalfibile è una scaletta che venera una carriera longeva che parte da 60 milionidi topolini davanti alla TV fino ad un’osanna a quello che è vero, o che vedo. E quello che vediamo noi è che i Tre Allegri Ragazzi Morti ci piacciono perchè sono fedeli a se stessi e al loro pubblico.
In barba ad una carriera trentennale non fanno le star, Molteni serissimo si relazione in maniera quasi catartica con le sue corde mentre Toffolo rimane uno showman un po’ brusco. La voce da eterni ragazzini nasconde una maturità musicale che fa sentire, ma solo nel senso più positivo del termine, un crescendo di tecnica che non sfavorisce, mai e in nessun modo, la comunicatività dei testi dei Tre Allegri Ragazzi Morti.
Le canzoni di Garage Pordenone potrebbero essere del terzo album o del quinto, non fosse che sono meno sporche, ma quello che ci spiattellano sotto gli occhi è una verità ineluttabile: i Tre Allegri Ragazzi Morti sono riusciti in quella magia, davvero poco frequente, di non fare dischi per fare, di rinascere in continuazione rimanendo sempre se stessi, ma soprattutto di non perdere mai il filo rosso con il pubblico.