Prima data live per gli I Hate My Village dopo l’uscita di Gibbone a San Mauro Pascoli per Acieloaperto. Tantissima roba.
Acieloaperto è un festival che a noi ci garba un casino e che andrà avanti fino al 9 settembre come vi abbiamo detto qui. Abbiamo pure intervistato l’organizzazione, qui. E siamo stati alla prima data a giugno, qui. Qui, qui, qui, e qui.Adesso che sapete che il festival ci garba proprio tanto, passiamo a ieri sera: a Villa Torlonia c’era una band che ci garba pure tantissimo, gli I Hate My Village. La superband ha da poco rilasciato il nuovo Ep, Gibbone. Ne abbiamo parlato con Fabio Rondanini, ovviamente qui.Tutto ciò per dire che non è che siamo arrivati proprio impreparati a Villa Torlonia a San Mauro Pascoli la sera del 26 agosto 2021.Ad aprire il concerto un duo di rock psichedelico con un Alice Cooper nostrano chiamato Dome La Muerte EXP a voce e chitarra e Ananda Mida alle tastiere. Nel”anticamera del suggestivo spazio inteno della villa, tra una tigella e la fila delle birre, ne abbiamo ascoltato un paio di pezzi, per scaldarci.All’interno abbiamo poi scrutato il pubblico, concentrato a fissare gli strumenti del mestiere degli I Hate My Village. Eterogeneo e composto, lo spazio sottopalco ha inziato a ciondolare quando finalmente Rondanini, Fasolo, Ferrari e Viterbini sono apparsi, dopo un lungo richiamo stile volatile sullo sfondo di una nebbia blu. Gli I Hate My Village hanno dato il via ad una sorta di funzione rituale. I ritmi sovrapposti hanno preso il via da brani dell’omonimo ep d’esordio, datato 2018, per poi impastarsi, andare e tornare come una marea.Il live è stato un continuum spaziotemporale di salti tra ritmi ripetuti all’infinito, capaci di attivare un senso di trance nel pubblico. Poi come un colpo di pistola ci si risveglia, alla fine di uno di quelli che sospettiamo fossero delle semi jam improvvisate.
Se Rondanini ha massacrato la batteria con l’espressione divertita su un mezzo sorriso perenne, Fasolo ha mantenuto una concentrazione quasi catartica, fuso al suo basso. Viterbini e Ferrari in un mondo parallelo se la sono ghignata a lungo, forse non si s’erano messi d’accordo in precedenza. Ammettiamolo, la scaletta non c’era. Siamo solo riusciti a recuparare una simil scaletta ai piedi della chitarra di Alberto Ferrari. Illusi, non era la scaletta degli I Hate My Village, ma probabilmente una sua personalissima linea per condurre i vocalizzi in loop che hanno accompagnato i viaggi della band (potete provare a decifrarla, l’abbiamo messa nella gallery!). A tratti incomprensibile, il parlato è passato da una dissertazione sulla “gentilezzitudine di dente gentilmente gentilezzosa” a un “tutti su le mani dai”.
Gli I Hate My Village, secondo me, erano proprio acieloaperto, in uno spazio tutto loro, con un linguaggio loro. Un po’ come in un acquario, e noi fuori a vedere questo microcosmo equilibratissimo.
Ma se ne sono accorti eh che c’eravamo anche noi: prima della fine del live Ferrari ha stimato con un calcolo precisissimo che sul palco potevano salire alcune persone a ballare manatenendo le distanze. Un lunghissimo remake ispirato a Tony Hawk of Ghana ha trasformato il palco in un cerchio mistico dove una dozzina di pazienti si sono sottoposti alla cura della catarsi, ballando (si, si ricordavano ancora come si faceva!), tra la band.