batteria meganoidi

Quando i Meganoidi al Freakout ci regalano una Delirio Experience

Il venerdì sera capita spesso che l’urgenza più diffusa sia quella di scrollarsi di dosso una settimana di pensieri. La combinazione perfetta, in questi casi, si risolve molto spesso nella matematica birra+concerto. Per gli avventurieri bolognesi il Freakout é una delle tappe obbligate dell’underground tour nel week end, tanto per la qualità della proposta musicale a prezzi molto contenuti, quanto per la garanzia di un ambiente in cui sentirsi nel cuore della Bologna alternativa. A metà marzo, la combinazione perfetta: Meganoidi e birra in lattina.

Scontando la tenda pesante si accede al cubo già saturo di persone in attesa della band ligure. Quasi sicuramente molti di loro saranno stati mossi da due istinti: la curiosità verso Delirio Experience e la tacita voglia di scrollarsi di dosso almeno quindici anni dando spallate urlando le strofe di Supereroi o Meganiodi. L’atmosfera freakkouttina ci avvolge come una coperta e scrutiamo un po’ la distribuzine nel locale. In un angolo, batteria e chitarra si sono travestiti da addetti al merchandising, posizionati dietro al distesa della produzione ventennale della band: da Into the Darkness, Into the Moda targato 2001, passando da Welcome in disagio (2012), Outside the loop, Stupendo Sensation (2003), Granvanoeli (2006), Al posto del fuoco (2009) si arriva poi all’ultimo parto mentale dei Meganoidi, Delirio Experience.

Arraffiamo due birre in lattina che ben si sposano con l’intenzione della serata e ci sistemiamo di fianco al merch-banchetto per scrutare un po’ le facce in arrivo. Come già immaginato in precedenza, la maggioranza degli avventori hanno visi collocabili tra i 30 e 35 anni, solo pochi ventenni si avventurano all’ascolto di una band che per molti, noi compresi è legata a ricordi adolescenziali, al G8 e alle prime avventure. Possiamo addirittura presumere che noi nati negli anni ottanta siamo entrati al Freakout mossi dalla necessaria completezza di giudizio su quest’ultimo lavoro dei Meganoidi. Un’album diverso dalla precedente discografia, che richiede necessariamente un live per essere collocato e che, come a dire il vero già accaduto in passato, ha un po’ spaccato l’opinione dei fan.

Mentre il locale si riempie il banchetto del merch viene risistemato e spostato in un angolo, le luci si abbassano e finalmente su palco sale la band che ci ha fatto spallare. Davide afferra il microfono e, inguainato in punk pantaloni e maglietta, si sistema tra il basso di Jacco, imbronciato e pronto a scaricare una serie di riff cattivissimi e la tromba di Luca Guercio, issata all’asta e pronta per regalare le strofe di Zeta Reticoli. Lo spazio contenuto del palco costringe la batteria e la chitarra ad esiliarsi dietro la prima fila, ma non danneggiando la qualità della musica. Già dall’inizio le cose vengono messe in chiaro, garantendo alla platea speranzosa che il concerto ripercorrerà vent’anni di carriera mescolando Delirio Experience alle ben più note Supereroi vs Municipale, King of Ska, Meganoidi e Zeta reticoli.

Mantenendo la promessa il live inizia accendendo la miccia di un’altalena energetica ed emotiva che ci travolge per un’ora e mezza di concerto. La temuta valutazione live di Deliro Experience si fa forte di un’attacco ai limiti della scarica elettrica che ben si sposa con il titolo di chiusura dell’album Rimaniamo sempre qui. Sottotitolo, con voi. In effetti la band ligure ben rinsalda quello che ci sia aspetta da loro, carica e un rapporto con chi ascolta il live che, nello spazio saturo e forzatamente intimo del Freakout, si sposa alla perfezione. Mentre Saverio Malaspina pesta alla batteria la voce più matura di Davide Di Munzio passa da attacchi rock con nostalgiche venature ska ai pezzi più dolci di Delirio Experience, passando dal brano omonimo e dal singolo Accade di là a Fra 20 anni, Respirare in Orbita.

Qui, solo per un gusto personale, si incrina un po’ l’energia della serata, nel momento dei pezzi che sono marcatamente più lontani dalla precedente discografia. La naturale evoluzione di una band che suona da vent’anni non può prescindere da una maturazione testuale e ritmica, che alle volte si scolla un po’ dall’idea che noi fan abbiamo dei punkettoni ska che ascoltavamo. Quello che ci fa ad ogni modo amare ancora i Meganoidi è la precisa e rassicurante sensazione che grattando un pochino conservino di nascosto “sempre lo stesso smalto”. Eliminando fronzoli da palco non c’è stato nessun bis, ma una grande energia scorsa fluida tra selfie sul palco e stage diving poco rassicuranti. Le poche e nostalgiche pogate sono state offuscate da una Zeta Reticoli durata 15 minuti dove tutti facevamo parte di un branco ululante sotto la luna che si era formata sul soffitto, e in quel preciso istante abbiamo raggiunto l’apice del concerto.

La sala freakouttina ha lentamente riversato il pubblico verso l’esterno urbano che rappresentava una degna conclusione della serata. Il sorriso di molti può essere tradotto, a nostro parere, in un affetto verso i Meganoidi che gli perdona la minima critica alle ballate romantiche del nuovo album. Si sa, si diventa grandi tutti, ma l’importante è non dimenticare chi siamo. Su questo i Meganoidi non ci lasciano dubbi.