IOSONOUNCANE Barezzi

IOSONOUNCANE a Barezzi e il teatro diventa la sua tela

Il nostro racconto di Barezzi festival inizia dalla seconda serata, venerdì 5 sul palco del Teatro Regio di Parma IOSONOUNCANE, ce lo racconta Jimmy.

Ci sono artisti che non sono facili da comprendere o da definire. IOSONOUNCANE è sicuramente tra questi. Questo concerto mi ha rivolto questo vibrante consiglio: smettila di scrivere le esperienze cercando di ricondurle a qualcosa di già noto! I giorni precedenti mi sono informato sull’evoluzione artistica di Jacopo Incani e un tratto che emergeva era la costante sperimentazione guidata da un finissimo istinto critico. Non sarà possibile procedere ad una dettagliata scaletta, il prog rock di Incani proposto al Barezzi Festival di Parma è un’esperienza totale senza soluzione di continuità.

La cornice del Teatro Regio è quanto di più accogliente e rassicurante per lo spettatore medio, nel suo sfarzoso disvelarsi introduce il pubblico ad una certa idea di esperienza artistica e mondana.
Ad un tratto, comodo nella sua sedia soffice, lo spettatore si ritrova nel buio completo. Echi lontani di antiche inquietudini increspano la superficie cosciente. Le sonorità iniziano a vibrare, a richiamare varie dimensioni interiori e aloni di fioca luce rossa. Le luci sono quelle del crepuscolo, accompagnano ad un risveglio post-apocalittico. Il nostro inquieto risveglio post-capitalista?

IOSONOUNCANE accompagna il pubblico senza adulazione ad un livello che non è quotidiano, nella misura in cui si rende un Caronte anarchico. Le logiche disumane del mondo cercano di relegare l’esperienza di sé al nostro subconscio, grazie a meccanismi edonistici di azzeramento culturale ed emozionale. In questo Incani riprende consapevole il discorso avviato da Pasolini, ti ci accompagna dentro. È un’esperienza politica e interiore.

Il synth, le percussioni e l’elettronica ti prendono per mano lungamente tra tribalismo e l’epilessia. I suoni variano con precisione maniacale e con istinto animalesco tra ambientazioni desertiche e talora infernali. La ricerca di sonorità della musica etnica è realizzata senza improvvisazione. Nella seconda parte del concerto l’ossessività sfocia nella trance ampiamente attesa. Mi ricorda un po’ quello che un mistico anonimo chiamava “la nube della non conoscenza”. Interessante come Incani e i suoi due colleghi sul palco destrutturino gli schemi convenzionali in una non-forma studiata e stratificata, anche il linguaggio non è comprensibile. Le luci, essenziali, sono in armonia e insieme in antitesi con i movimenti “bestiali” di IOSONOUNCANE sul palco, i tre corpi si muovono accompagnando i ritmi martellanti.

È un concerto che ha aperto uno squarcio nelle mie deboli sicurezze. Se proprio vogliamo trovare una cosa che abbiamo fatto fatica ad esperire è stato il lungo accompagnamento verso quello stato di simil-trance che si è compiuto nell’ultima mezz’ora.

IOSONOUNCANE è un artista che non si può non ascoltare dal vivo almeno una volta.

di Gianmarco Ferrari

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