Deian

Deian “Figure è un album indecifrabile che racconta tutto”

Figure è il primo album di Deian, 13 tracce dall’enorme valore artistico in uscita l’11 marzo

1. Figure è il tuo primo album solista, cosa sono queste “figure”?

Le figure sono le tessere di un mosaico, i brani del disco in questo caso; ma possono anche rappresentare la superficie delle cose, belle o brutte figure che si possono fare quando l’immagine viene restituita dalla prospettiva di qualcun altro. Figura è una parola ambigua, mi piace l’idea che un’opera sia decifrabile fino a un certo punto, che lasci un ampio margine all’interpretabilità. Chiaramente affinchè la cosa regga, ci dev’essere alla base della sostanza, e questa sta nel lavoro che c’è dietro ogni brano.

2. Provieni da altri progetti musicali, cosa ti porti ad esempio de Lorsoglabro e dei tuoi progetti in questo album solista?

In realtà, rispetto ai dischi registrati con Lorsoglabro, mi sono lasciato alle spalle dei vincoli che mi limitavano, perchè le canzoni passavano da un collo di bottiglia per cui l’arrangiamento doveva fare i conti con la necessità di riprodurre live con la formazione basso/chitarra/batteria. In un certo senso sono tornato alla libertà mentale delle prime produzioni casalinghe col quattro piste. Poi, passare dalla chitarra al pianoforte in fase di scrittura rende più accessibile la costruzione delle armonie e libera dalla gabbia ritmica delle pennate, che influenzano la metrica delle frasi. Certo, si può fare tutto con tutto, ma il pianoforte per il mio genere di scrittura agevola.

3. L’Album è registrato sia in studio che a casa, ci puoi raccontare un po’ il processo di realizzazione di questo album?

Come sempre non ho seguito un piano prestabilito, mi sono mosso un passo alla volta senza conoscere il successivo. La sola certezza che avevo era il valore delle canzoni. Ho registrato pianoforti e voci in presa diretta al No.Mad studio a Torino con Ezra, con l’idea di fare qualcosa di molto scarno, senza metronomo, molto libero. Poi a casa ho iniziato a smanettare, quasi per gioco, con una tastiera economica sulle tracce di piano e voce. La cosa mi ha preso la mano, al punto che in alcuni frangenti ho stratificato fino ad arrivare ad arrangiamenti orchestrali. Poi ogni pezzo ha una storia sua. Figure Strane e Mostro le ho registrate interamente a casa mia, così come i due strumentali. Su Attrezzi han suonato Mario Rossi la batteria e Cato Senatore il basso, alcuni bassi e batterie sono sovraincisioni di mio fratello Tristan, che ha anche mixato gran parte del disco. Franco e Questa Non è una Canzone sono state realizzate al Green Fog Studio di Genova e poi mixate da Ivan Rossi. Tutto il materiale è infine stato masterizzato da Gianluca Patrito al G-effect di Torino.

4. Nell’album sono presenti 13 tracce con testi molto particolari, cosa raccontano le parole delle canzoni?

Quello che ho cercato di fare è di immettere la malinconia, la solitudine e il disagio in un contesto che tuttavia non risultasse pesante. Per esempio Figure Strane parla dell’alienazione e degli schermi cui siamo soggiogati, ma poggia su una telaio musicale che è quello della canzone pop beatlesiana più orecchiabile. Mostro parla della simpatica tendenza al linciaggio del mostro di turno, ma lo fa saltellando su progressioni armoniche piuttosto elaborate. Robot è il criptico racconto di un uomo che vaga disperato in Francia fino a immedesimarsi in un robot. Attrezzi è una raffica di immagini di solitudine, incomprensione e burn out. Deltaplani il sogno di un bambino di mezz’età. Adamo è un dialogo col primo uomo, in cui gli si rimprovera di non aver saputo tenere le mani in tasca – anche perchè nudo – e di aver dato inizio alla spirale che oggi ci porta ad avere la lavatrice e l’acqua corrente e lo smartphone, che mi piacciono per carità, ma poi guardo un documentario sugli gnu e anche se fanno una vita di merda, mi risulta migliore della nostra in qualche modo. Isola è l’approdo definitivo dello scoppiato uomo schizoide del XXI secolo. Zagor è una dedica al buon Mirko, alla sua leggerezza e alla sua spontaneità nell’indossare la maschera del suo corpo. Franco è la resa incondizionata alla fine di una relazione. Questa non è una Canzone, che chiude l’album, è – a dispetto del titolo – una canzone che si umanizza e riflette sulla propria ragion d’essere e sulla propria funzione, fino al corto circuito.

5. Musicalmente si passa da ballad al piano a canzoni pop o come avremmo detto fino a pochi anni fa, “indie”. Quali sono le influenze musicali che porti in questi brani?

Ho sempre subito il fascino della musica di Syd Barrett, dei Beach Boys e dei Beatles. Queste sono un po’ le mie pietre angolari dal punto di vista musicale. A volte può succedere che singole canzoni mostrino una via percorribile, come Latleta con La Confusione, o essere di ispirazione per canzoni che poi prendono una strada completamente diversa: Io Centro Coi Missili di Pop x, anche se musicalmente lontana da Deltaplani, era ben presente quando pensavo ai satelliti, che non torneranno mai più. Oppure ancora: il modo di approcciarsi alla performance e al lavoro in generale che ha Giacomo Laser (che ha collaborato all’arrangiamento di Isola) può essere fonte di ispirazione proprio perchè molto diverso dal mio, e questo in qualche modo sottile può influenzare anche il modo di scrivere o arrangiare una canzone.

6. Cosa ti aspetta dopo l’uscita dell’album?

Mi aspettano le date. Il 7 maggio ci sarà la presentazione a Torino, al Magazzino sul Po, dove avrò con me quei reperti archeologici conosciuti col nome di copie fisiche. Sarà una tiratura limitatissima, ma delle vere piccole opere d’arte fatte a mano, grazie al lavoro di Officina del Disco. E poi appunto, date in giro per la penisola con tutti i miei pedali e cavetti. Il tour è in fase di costruzione con la collaborazione di Gigiabooking. Il live che sto preparando, in verità da un po’ di tempo, è un flusso sonoro quasi senza soluzione di continuità, dal quale emergono le canzoni. Mi piace l’idea di mettersi comodi e senza fretta avvolgersi per un’ora in quel flusso.