cordio cose che si dicono

Cordio e quella ex al telefono: il racconto di “Cose che si dicono”

“Ti telefono o no, ti telefono o no”…ci è subito venuta in mente questa canzone guardando la copertina del nuovo singolo di Cordio: “Cose che si dicono”.

Il nuovo singolod el cantautore siciliano ci ha conquistato.”Cose che si dicono” è uscito il 19 febbraio, un brano che lo stesso autore definisce “sgangherata, goffa, disperata e ironica”.  La storia di una telefonata a un’ex, cominciata male e finita malissimo, o forse mai cominciata davvero.

È una canzone vulcanica, nel senso che è venuta fuori come un’eruzione, dopo giorni in cui cercavo le parole per dire come mi sentivo ma non le trovavo. È scritta con lo stomaco più che con la testa, e questa per me è una grande novità

Il 19 gennaio è uscito “Cose che si dicono”; premettendo che lo sappiamo tutti che non si telefona alle o agli ex, perchè hai fatto quella telefonata?
Ma ovviamente non l’ho fatta, anzi proprio perchè non l’ho fatta ho scritto la canzone. O l’una o l’altra.

Oltre a questa divertente chiacchierata, cosa ci racconta il tuo nuovo brano?
Racconta la difficoltà nel comunicare e di come convivano (male) la paura nel mettersi a nudo e il desiderio di
fottersene e rivelarsi per come si è.

Due mesi prima dell’uscita del nuovo singolo aveva già fatto capolino “mezza mela”. Ci raccontano
una storia unica, che finirà in un nuovo album?
Si, credo che si senta che le canzoni sono sorelle, suonate dagli stessi musicisti, prodotte dallo stesso
produttore e soprattutto scritte con la stessa “filosofia”

La copertina del tuo singolo è molto essenziale e divertente, con un sapore un po’ retro. Si collega
anche al tuo stile musicale? Come ce lo descriveresti?
Queste nuove copertine sono opera di un’artista argentina che si chiama Julieta Vivas, è un lavoro molto fine
in cui le frequenze della canzone sono abbinate alle “frequenze” dei colori, c’è uno studio dietro legato alla
teoria del colore, molto interessante. Poi i disegni hanno un sapore retrò ma attualizzato, come le canzoni, i
testi usano la lingua di oggi ma il suono è quello di un tempo.

Sei di stanza a Milano, ma il legame con la tua terra natia è molto forte e si sente nei brani. Quanto
sono importanti queste tue radici? E quanto a livello di influenze musicali le possiamo ritrovare?
Catania è casa, così come tutta la Sicilia. Sono convinto che il posto in cui nasci entra nella tua genetica al
pari dei tuoi genitori, e io pur vivendo a Milano non rinnego affatto la mia sicilianità, anzi.

Sei molto giovane, ma il tuo legame con la musica è iniziato molto presto. Com’è avvenuto questo
incontro?
Molto classico: c’era un pianoforte a casa, mia mamma mi ha proposto di prendere lezioni con una maestra,
ho accettato malvolentieri ed eccomi qui tredici anni dopo.

Nella tua carriera artistica ha giocato un ruolo importante un incontro con un musicista che ha anche prodotto il tuo primo album. Com’è nato questo sodalizio artistico e quanto ha influenzato la tua musica?
L’incontro con Ermal Meta è stato uno sliding doors abbastanza incredibile. L’ho incontrato per caso in
spiaggia a Taormina, gli ho fatto ascoltare le mie prime brutte canzoni e poi ho seguito i suoi consigli. Lavorare
al suo fianco e seguirlo in tour è stato molto formativo, lavora in modo artigianale, mi ha insegnato quanto
siano importanti costanza e determinazione, gli devo molto.