Sziget Festival 2018: tiriamo le somme.

Mentre dal sito ufficiale lanciano già l’appuntamento per #Sziget2019, dal 7 al 13 agosto del prossimo anno, noi abbiamo ancora nelle orecchie i suoni dei concerti, negli occhi i colori della gente e nel naso i profumi dell’isola.

Sziget Festival 2018 si è concluso la mattina del 15 agosto con un bilancio di 565.000 partecipanti, nuovo record per quello che è ormai entrato di diritto nell’olimpo dei Festival mondiali. L’incremento è certamente dovuto anche alla scelta di aumentare i fondi per gli artisti di circa 3 milioni di euro rispetto al 2017 puntando su una line-up più ricca e di qualità.

Martedì è stato accolto lo spettatore numero 9.000.000, una ragazza svizzera che si è vista regalare, inaspettatamente, un pass a vita per il festival.

Si sono esibiti, complessivamente, artisti provenienti da 63 nazioni diverse dei 5 continenti. Tra il pubblico, invece, si sono contate oltre 100 nazionalità diverse. La più rappresentata, oltre forse agli ungheresi che giocano in casa, è stato il Regno Unito.

Tra musicisti, circensi e quant’altro, gli artisti italiani son stati ben 27. Oltre a Motta, di cui presto vi faremo sentire l’intervista che ci ha rilasciato, España Circo Este, Canzoniere Grecanico Salentino, Willie Peyote, Enrico Sangiuliano c’erano tanti altri, tra cui i bolognesi musico-giocolieri de La Sbrindola con il loro risciò pimpato.

La nazione più rappresentata dagli artisti, oltre all’Ungheria che aveva l’intero palinsesto del Volt Telekom Stage dedicato, è stato il Regno Unito con ben 52 artisti.

Alcune info sullo spazio del festival: l’isola di Obuda ha una superficie di circa 108 ettari – un milione 80 mila metri quadri – e meno della metà, circa 420.000 sono dedicati all’area del festival. Per arrivare sull’isola si può utilizzare la barca oppure il K Bridge, un vecchio ponte ferroviario che veniva utilizzato soprattutto per trasportare i pezzi delle navi  costruite nella vecchia fabbrica ormai in disuso sull’isola. La K si riferisce alla forma delle travi del ponte.

Dopo tutti questi tecnicismi possiamo raccontarvi anche le nostre impressioni sul festival.

L’immenso numero di visitatori, anche se un po’ lo temevamo, non ha sollevato problemi di tipo organizzativo. La pioggia del martedì ha creato qualche problema ad alcune tende, gazebo e stand in pochi punti, ma visto il colore del cielo e la forza del vento in alcuni momenti, lo diciamo: poteva andare molto peggio. È stato annuallato un solo concerto, ma chi ne ha beneficiato di più son stati di certo i Nothing But Thieves, che si sono esibiti di fronte a migliaia di persone al coperto del palco Mastercard A38. Non ci è dato sapere quanti fossero lì per ripararsi e quanti per ascoltare effettivamente la band.

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La line-up di quest’anno ha offerto artisti di un certo carisma. Noi, da amanti del rock, dobbiamo essere sinceri: non li abbiamo seguiti tutti. Non vi possiamo raccontare il live di Dua Lipa o di Kygo che han fatto ballare un’immensa folla davanti al Main Stage, e nemmeno il live dell’acclamatissimo rapper Kendrick Lamar. Purtroppo non possiamo nemmeno ricordare i Gorillaz, che pare abbiamo regalato uno spettacolo assolutamente da perdere il fiato, ma vi possiamo dire chi abbiamo sinceramente amato nei giorni in cui eravamo presenti, dal 10 al 15 agosto.

Partiamo col l’esempio Asaf Avidan, compositore, cantante e chitarrista israeliano, noto soprattutto per il suo brano One Day. I Bastille, capaci di far ballare tutto il pubblico del Main Stage poco prima dei Mumford & Sons, una delle band più attese del festival che non ha affatto tradito le aspettative. Mr Zarko che unisce la musica gipsy proveniente da ogni angolo dei Balcani. Il punk-rock ungherese dei Dope Calypso, band dalle capigliature interessanti e dal sound molto anni ’90. La rock-dance ucraina dei Kadnay.

Tra le band che hanno calcato il palco principale meritano particolare attenzione i Kaleo, islandesi dalle qualità blues rock assolutamente spettacolari. Da segnalare sono quei matti da ricovero dei King Gizzard & the Lizard Wizard. Interessanti più per il delirio che per la musica in sè son stati anche i Little Big, di cui però vi abbiamo già parlato. Una lancia va spezzata anche a favore degli italiani Motta ed Espana Circo Este, il primo ha dato spettacolo sullo Europe Stage facendo cantare tutto il pubblico, i secondi sul Lightstage han fatto strage di cuori e di calli sotto ai piedi.

I 2 ragazzi belgi dei Summer Rebellion ci hanno entusiasmato a suon di percussioni, beat-box e fisarmonica con una musica non ben definibile, ma che ci ha catturati senza tregua. I Gogol Bordello sono sempre i più esagerati, casinisti fenomeni del gipsy punk e non si può non amarli. Incredibili i The War on Drugs, decisamente più tranquilli ma con un sound profondo e coinvolgente nonostante la pioggia. I francesi di La Femme ci hanno ammaliato per la loro musica, ma anche per la loro stravaganza tutta francese, uhlàlà. E chiudiamo la lista delle band che ci hanno entusiasmato – e sono solo una parte di ciò che abbiamo ascoltato e apprezzato al festival – con il live più atteso di questa edizione. Per chi non li aveva mai visti dal vivo è stata sicuramente un’interessantissima scoperta, un concerto spettacolare, senza frizzi e lazzi ma con ottima incessante musica: gli Arctic Monkeys, probabilmente il miglior concerto dello Sziget Festival 2018.

Il festival si è svolto alla grande sicuramente anche grazie alle migliaia di volontari che si sono prodigati per fare in modo che tutto funzionasse al meglio, chi raccogliendo costantemente l’immondizia lasciata in giro – nonostante i vari punti di raccolta – chi fornendo informazioni continue, chi vigilando che non accadessero fatti spiacevoli, chi servendo birre ad ogni ora del giorno e della notte. Insomma, una macchina ben oleata che nonostante le difficoltà ha funzionato molto bene.

Lo Sziget è impegnato anche in alcune battaglie di civiltà, non per niente il motto di quest’anno era “Love Revolution” e in generale lo spirito del festival è sempre molto aperto e fraterno.

Trovarsi in un paese come l’Ungheria, all’interno di un’Unione Europea e di un mondo sempre più xenofobo e razzista a celebrare la diversità sotto bandiere di ogni tipo ha un significato che va oltre quello del festival, è un messaggio di amore che anche se piccolo speriamo semini qualcosa almeno nei 565.000 presenti.