Tre atti per scoprire Mahmood: N.L.D.A. Tour tocca Bologna

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La voce è esattamente come te l’aspetti: potente, senza un incrinatura. La presenza sul palco è statuaria, tesa verso il movimento, l’espressione del volto da bronzo di Riace. E poi, in un millisecondo, i tratti diventano divertiti e amichevoli. Mahmood è arrivato a Bologna per N.L.D.A. Tour e noi siamo andate a farci stupire.

Con un palazzetto pienissimo l’energia già in coda era intensa, Alessandro Mahmood o meglio “solo” Mahmood mostra la sua stratificazione e sfaccettatura già dal suo seguito: ombelichi al vento (non noi, abbiamo un’età) e completi con messa in piega, il parterre e le scalinate sono davvero variegate. Dal palco siamo catalizzati dalla voglia di scoprire questo fantomatico rave teatrale in tre atti. Cos’è un rave teatrale? E poi in tre atti? Ma lo sappiamo, Mahmood è talmente potente che saprà andare oltre le nostre aspettative.

Luci che si accendono, scalinate a centro palco, multischermo che friggono, inizia la show. E la magia.

Mahmood ci accompagna in tour di oltre un’ora prendendoci per mano e mostrandoci, come se fossimo amici in visita nella sua città, qual è stato e qual è il suo mondo. La stessa dirompente sensualità e la contemporanea dolcezza che hanno da sempre caratterizzato la sua musica fanno un continuo saliscendi per attraversare le tre fasi dello spettacolo: la prima, più calma (anche se solo all’apparenza), composta con un abito elegantissimo, lo sguardo a volte basso e il corpo di ballo che serpeggia fulmineo intorno a lui sono il punto di partenza. Attraverso “Paradiso”, “Tutti contro tutti” e “Brividi” siamo proiettati al punto di partenza, a quando si guarda l’orizzonte verso l’ignoto.

Ma questo, si sa, pone spesso delle grandi domande, delle punte introspettive che implicano il guardarsi dentro, ricollocarsi, e in questo spazio specifico farlo affacciandosi sul pubblico e suonando da solo, a capo spesso chino, riuscendo a creare una grandissima intimità anche all’Unipol Arena. Qui vediamo il volto bambino, i tratti dolci di Alessandro, che con un grande atto d’amore si apre dinanzi al suo pubblico.

Non abituatevi troppo però, perchè mentre assieme a noi state per scavalcare la transenna per andare ad abbracciarlo avviene l’ultima metamorfosi: Mahmood con un cambio repentino di luci e di abito (che meriterebbe uno spazio a parte) esplode in un’esplosione di sensualità che destabilizza e fa perdere l’equilibrio. Già che uno è in piedi tanto vale ballare e quindi con “Ra-ta-ta”, “Tuta Gold” e tutte le hit più intrise di ormoni e sudore ci avviamo verso il fine serata rilasciando tutto quello che poteva imbrigliarci fino a quel momento. Mahmood ci porta con lui nei club, nei corpi vicini. E poi ci saluta, con una voce da felicità, salutando la sua mamma che lo guarda dal backstage. Una mamma che Alessandro sa farci capire quanto ama.

Questo saliscendi poi è rafforzato anche da incursioni dalle memorie di Mahmood: l’accenno alle piramidi disegnate con la luce, lo squarcio sull’infanzia e gli spazi sociali dell’altalena, l’aereo pronto a farci attraversare il cielo.

Riguardo i vestiti dicevamo una pagina a parte? Ma no dai, facciamo un breve accenno: Mahmood ha sfoggiato dei pezzi di alta moda creati in collaborazione con otto case di moda tra cui Prada e Jean Paul Gaultier Couture. Dall’abito elegantissimo al richiamo esotico del rosso stratificato e fluttuante, la pelle arricciata, le chiavi sul cappello. E poi Swarovski. Come commentare. Elegante. E sicuramente divino, come disceso da una dimensione ultraterrena.