di Gianmarco Ferrari
Bologna, 25 giugno 2025 – In una delle più calde sere di giugno mai registrate, il Parco delle Caserme Rosse si è trasformato in un piccolo universo parallelo, dove spazio e tempo si sono piegati alla visione musicale di Lucio Corsi.
Il cantautore toscano, reduce dal successo sanremese con Volevo essere un duro ha portato sul palco del Sequoie Music Park uno show sognante profondamente umano, lasciando il pubblico sospeso tra onirico e realtà.
Alle 22 Corsi entra in scena in veste apetta psichedelica e calzamaglia, accolto da un pubblico eterogeneo ma affezionato, tantissimi bambini. Il palco è sobrio ma curato, con un gioco luci studiato per accompagnare l’immaginario onirico dell’artista senza cambiarne l’essenza.
Il concerto si apre con Freccia Bianca, un manifesto del suo stile: narrativo, surreale. Si prosegue con i brani più amati del repertorio – Astronave giradisco, Cosa faremo da grandi? , La Lepre – eseguiti in versioni ricche ma essenziali, capaci di esaltare ogni parola.
Il pubblico ascolta con occhi di bambino, alternando silenzi assorti a esplosioni di applausi e cori spontanei.
I brani del nuovo album, volevo essere un duro, trovano spazio e forma in un set ben costruito, in cui le ballate intime si alternano a momenti più energici, senza mai perdere coerenza. Altalena Boy e Ladro emergono come nuovi classici in grado di conquistare anche i più scettici, con arrangiamenti dal gusto glam-rock e testi lucidi e disarmanti. Bellissima Nel cuore della notte una ballata poetica.
Tra una canzone e l’altra, Lucio scherza, racconta aneddoti, guarda il cielo e sembra stupirsi insieme a noi del contesto in cui si trova. C’è una semplicità quasi fanciullesca nel suo modo di stare sul palco, che però non tradisce mai una forte consapevolezza artistica. Dietro i lustrini, c’è un autore vero, che riflette con dolcezza sul tempo, la provincia, le illusioni giovanili e il disincanto.
La resa sonora è ottima, merito anche della band affiatata che lo accompagna: basso, chitarra, tastiere e batteria disegnano un suono pieno, ma mai invasivo, che sostiene e valorizza ogni sfumatura vocale. Il mix tra elettronica leggera, chitarre retrò e inserti più orchestrali restituisce a pieno la varietà dell’universo corsiano. Se posso permettermi, il Palco del Sequoie è troppo grande e non perché Lucio sia piccolo, anzi.
La dimensione in cui ci trasporta è intima, coccolata
Il concerto si chiude con Volevo essere un duro, tra i brani più attesi, cantato a gran voce da tutti. Un finale tenero e potente, che lascia nell’aria un senso di gratitudine condivisa. E il bis è Francis Delacroix in versione pazza.