Island of Freedom: narrazioni dallo Sziget Festival

Mi son svegliato un mattino, fuori il sole si era già alzato da un pezzo. Intorno gli studenti parlavano di Kant e dell’influenza che aveva avuto sulle possibilità di portarsi a letto una ragazza alla festa della sera prima. Camminavo lungo il Danubio, vicino a quella bellissima isola che è Obuda e ho pensato: quanto è bella la libertà!

E’ così che mi immagino come debba aver preso piede l’idea del festival nella testa di Péter Szlàmi Mùller, artista ungherese e ideatore di Sziget, nel 1993. Inizialmente una piccola rassegna di gruppi emergenti locali, poi via via crescendo fino a vincere  il premio come Best Major Festival nel 2012 e nel 2014, e come Best European Line-Up nel 2015 agli European Festival Awards.

Anche quest’anno le presenze sull’isola si sono aggirate sulle 500.000 provenienti da più di 100 nazioni diverse per ascoltare band provenienti dai più svariati paesi che si sono avvicendati su 12 palchi, senza contare i circensi, i ballerini, gli spettacoli teatrali, i laboratori, le sedute di yoga, meditazione e chissà che altro, i djset sulla spiaggia, gli spazi gioco per grandi e piccini, le centinaia di persone che si occupavano di cibo e bevande di ogni tipo, dai waffels al chili, dal thailandese alla pizza, il parrucchiere, il bungee jumping, i campi da beach volley e calcetto, le giostre e tanto, tantissimo in più.

Per spiegare lo Sziget prenderò in prestito le parole di Miriana Gifuni“Se dovessi raccontare che cavolo ho vissuto, mi risulta difficile e talvolta azzardato nonchè dannatamente impossibile, posso solo dire che quello li  è un mondo pazzesco fatto di gente improbabile e le sensazioni che vivi sono inspiegabili.”

E ora vi parlerò del nostro Sziget. Per motivi lavorativi e forse un po’ per disorganizzazione partiamo da Bologna solamente la domenica mattina; il festival è iniziato ormai il mercoledì precedente e riceviamo aggiornamenti dal nostro amico Augusto.  Lui allo Sziget ci è andato così, partendo il martedì mattina con un furgone del ’68. Con la nostra più moderna Spank partiamo e carichiamo il compagno di Sziget Flavio e Alison, che però non era diretta al festival (peccato). Dopo interminabili ore di viaggio e tante chiacchiere sulle aspettative per l’arrivo raggiungiamo Budapest, talmente stanchi da non notare nemmeno l’immenso Parlamento che affianca il Danubio. Trova il parcheggio, scarica gli zaini, controlla di aver preso tutto, prendi la navetta – gli ultimi minuti trascorrono lenti – cambia i ticket all’ingresso coi braccialetti e finalmente quando ormai sono le 21 attraversiamo il ponte che collega la terraferma all’isola della libertà.

Il ponte tra Budapest e l’isola

Stanchi ma immensamente felici siamo arrivati al Sziget Festival con un sorriso a 36 denti a sottolinearlo. Troviamo la nostra tenda davanti al Main Stage, precedentemente montata da Augusto, scarichiamo tutto dalle nostre spalle e iniziamo ad esplorare questo immenso paese dei balocchi. Ci perdiamo tra i palchi, gli stand, le tende montate un po’ ovunque, gente che canta, balla, si lancia gavettoni con una fionda gigante, brinda con persone appena conosciute, si abbraccia, ride e ascolta musica. Sul palco principale stanno suonando i Chainsmoker, un’immensa folla balla e salta sotto il palco, noi passiamo oltre, prendiamo un paio di birre e qualcosa da mangiare prima di andare a sentire i The Naked & Famous, ottima band proveniente dalla Nuova Zelanda.

L’unico rimorso durante il festival, ma ci stiamo lavorando, è non avere il dono dell’ubiquità. Mentre sfogliamo il “passaporto” che ci farà diventare dei veri Szitizens ci rendiamo conto di come sia difficile poter organizzare il tempo al meglio per poter fare tutto quello che si vorrebbe. Allora ci diamo solo degli obiettivi minimi: un tot di gruppi a cui non potremo rinunciare e per il resto sarà il destino a scegliere.

Nonostante la stanchezza del viaggio e della notte insonne precedente è impossibile non tirare almeno le 3 di notte ascoltando Steve Aoki o Hernan Cattaneo con una birra in mano, degli occhiali colorati e centinaia di migliaia di persone che per una settimana sono i tuoi più grandi amici.

Jessi – John Canoe

Mattina, sole, doccia, caffè rigorosamente espresso e si va ad ascoltare i Jhon Canoe, ad intervistare i Pinguini Tattici Nucleari e ad ascoltare quei burloni di Lercio sul Lightstage, piccolo e tranquillo angolo frequentato perlopiù da italiani, francesi e spagnoli.

E’ ormai ora di mettere qualcosa sotto i denti e allora estraiamo la nostra Festipay. Eh già, perché allo Sziget puoi lasciare carte e contanti in tenda o in uno degli appositi armadietti e portare con te solo una tesserina ricaricabile per pagare tutto. Neanche il tempo di digerire che già le idee nella nostra testa si fanno confuse: andiamo a sentire i Mother’s Cake allo Europe o a fare Bungee Jumping e poi a al Main per i Glass Animals? Entrambi sarebbero imperdibili. E se invece ci fermassimo qua al Volt? Prendi una birra, questi mi piacciono, come hai detto che si chiamano? Massza!

E il tempo scorre e iniziamo a capire la geografia dell’isola e a muoverci più serenamente tra un palco e l’altro senza perderci nelle stradine, tra le tende e gli stand, così dopo gli interessantissimi e britannici Two Door Cinema decidiamo scientemente di perderci i Major Lazer, che a nostro avviso poco hanno a che fare con il Main Stage dello Sziget. Ma l’occasione fa l’uomo ladro e così abbiamo la possibilità di ascoltare Mac DeMarco, uno dei volti più presenti nelle line-up dei festival di questa estate, a seguire un interessante rapper dagli USA, Vince Staples e i Romengo, una band di musica tradizionale Rom, che più rom non si può; tutto, dai vestiti, agli strumenti, ai balli, al bambino che suona e balla serissimo sul palco fa capire la loro cultura, e sono forti. Sullo Europe Stage si esibisce anche qualche band italiana, ci siamo persi Le Luci della Centrale Elettrica e i The Quentins (vincitori del concorso italiano per partecipare allo Sziget), ma abbiamo visto Cosmo far salire sul palco decine di persone di fronte agli occhi attoniti della security e il giorno successivo i Tre Allegri Ragazzi Morti che abbiamo intervistato per voi e che hanno regalato un grande show ai presenti.

Il terzo – per noi – ed ultimo giorno – per tutti – scoviamo cose che avremmo voluto scoprire prima: il relax della zona spiaggia, la parte circense in cui cimentarsi in giochi d’abilità o seguire gli spettacoli del duo siciliano del Circo Riccio e di tantissimi altri, ballerini che hanno la musica solo nelle cuffie – per loro e per chi lo desidera – o i Langos, pizze fritte.

Vogliamo fare tutto ma proviamo a concentrarci: i The Kills portano un’ondata di sano rock ‘n’ roll al Main Stage, cosa che un po’ manca in questa 25esima edizione. Alle 19.00 non possiamo esimerci dal fare parte dell’immensa folla che davanti al Main Stage lancia polveri colorate in aria: ogni sera alle 19.00 una festa o coreografia diversa, bandiere, pon pon e l’ultima sera Colour Party. L’energia più rock degli ultimi giorni di festival la portano i Breaking Benjamin che sotto il tendone dell’Otp bank by A38 propongono un medley di canzoni di Metallica, Pantera, Nirvana e altri gruppi con il pubblico in delirio, mentre dal Main Stage partono i fuochi d’artificio. Dopo gli Alt-j infatti inizia l’End Show fatto di musica, balli, luci colorate, oggetti volanti sulla folla e fuochi d’artificio. E’ la festa di chiusura del festival, anche se in realtà non è ancora del tutto finito, anzi. Si va avanti ancora fino a notte fonda, fino alle ultime residue energie.

La line-up di questa edizione è certo ben lontana da quella che nel 2015 ha vinto il Best European Line-Up, non abbiamo visto band storiche come ce ne sono state altri anni in passato, ma fondamentalmente non ci importa poi così tanto. L’indomani mattina ci svegliamo mentre gli operai sono già al lavoro per smontare tutto e trasformare l’isola in un posto in cui fare birdwatching e pic-nic. E’ ora di ripartire, recuperiamo tutte le nostre cose e anche i nostri compagni di viaggio per il ritorno, Ilaria e Edoardo. Attraversiamo il ponte per tornare sulla terraferma, ma più che un ponte pare di varcare un portale per un universo parallelo, uscendo da un mondo fatto di libertà, di musica, di amicizia, di gioia. Ce ne andiamo con la sensazione di aver fatto parte di qualcosa di stupendo e con già nella testa l’idea per come organizzarci per l’edizione 2018.