Intervista ai John Canoe, ambasciatori del surf-punk all’italiana

Chiudete gli occhi e fate un esercizio di immaginazione. Siete in un luogo non troppo grande, in una mano avete una birra, una sigaretta in quella opposta. Vi muovete saltellando e ciondolando secondo un ritmo incalzante e irrefrenabile.

Ora aprite gli occhi: siete ad un concerto dei John Canoe, state ascoltando il terzetto romano mentre intorno a voi tutti ballano seguendo il ritmo graffiante garage punk e soprattutto farcito di surf. I john Canoe, nome dalle molteplici pronunce e dalle origini curiose, sono una band composta da tre ragazzi giovani e tranquilli. O meglio, tranquilli va interpretato come sinonimo di “scialli”. Jesse alla chitarra, Stefano alla batteria e Mario al basso hanno deciso anche di contribuire in maniera paritaria con la voce. I John Canoe non sembrano essere eccessivamente preoccupati dal luogo o dal pubblico di diverso lignaggio: che suonino allo Sziget, all’Home festival o al Mikasa, sono sempre presi bene. Suonano, e questo si percepisce molto bene, perché si divertono un mondo sul palco. Di qualsiasi palco si tratti quindi, imbracciano chiratta, basso, o inforcano le bacchette e inziano un viaggio. Se prestate attenzione potrete sentire le influenze romanacce, ma anche le sensazioni che provereste durante un concerto d’oltreoceano in un localino fumoso e underground.

Al primo colpo d’orecchio non è infatti chiara la provenienza dei tre John. Sono americani? Portano una camicia sgargiante e scarponi slacciati? I capelli lunghi e riccioluti? Hanno un surf sottobraccio?

Non fatevi ingannare, a colpo d’occhio si potrebbe scambiarli per un gruppo tranquillo. Non indie, per carità, se no si arrabbiano! Il loro stile però ha lasciato il segno, incidendo le orecchie come una puntina sul vinile. Geograficamente e temporalmente poco posizionabili, hanno cavalcato l’onda dopo il primo singolo Nervous Breakdown, uscito nel 2014. Giusto l’anno seguente ha visto la luce il loro primo ep targato Bomba Dischi, Actor boy: cinque tracce fatte storie di serate a base di birra e pillole, di feste scatenate e non solo.

A distanza di due anni tornano con un album che ha conquistato la critica e gli ha garantito già sessanta date. Wave traps ricalca e potenzia le direzione intrepresa con l’ep. Le sonorità sono sempre graffianti, un’esplosione di energia che vi travolge e ballare senza possibilità di sottrarvi. I loro live, punto di forza del terzetto made in testaccio, sono sempre un iniezione di buona musica. E soprattutto presa bene. In occasione del No glucose festival i John Canoe hanno suonato al Mikasa, riempiendo di garage punk il venerdì sera bolognese. Tra il soundcheck e il concerto ci hanno concesso un’intrevista, ci siamo seduti al tavolo di un trasandato bar di periferia con una birra e il meglio del peggio della musica anni novanta in sottofondo. Ecco, i John Canoe sono così: suoneranno in un  diversi luoghi, e che sia il prossimo concerto allo Sziget festival o un palchetto molto indipendete di Bologna cambia poco. Basta che abbiate voglia di divertirvi! Per saperne di più e togliervi quel dubbio relativo all’origine del nome della band.