Deut: “From the Other Hemisphere sono le cose che fatico a dirmi”

From The Other Hemisphere è il primo album di Deut uscito il 3 febbraio. 10 tracce di cantautorato potente

From The Other Hemisphere è un album di canzoni scritte dall’altro emisfero cerebrale. E’ il primo album di Deut a 4 anni dall’Ep d’esordio A Running Start. Ci siamo fatti raccontare l’album direttamente da Deut.

1.From the Other Hemisphere è il tuo primo album, a 4 anni dall’Ep d’esordio A running start. Cosa è cambiato tra un lavoro e l’altro? Il taglio di capelli influenza anche la tua musica?

A caldo direi che l’ultimo lavoro è più sofferente, mentre il primo è obiettivamente più leggero. Ho tagliato i capelli poco prima di scattare la copertina dell’album ed è stato un passaggio a tutti gli effetti. Credo che lo sia anche l’album, concepito come il seguito dell’ep ma con sentimenti più scuri e una gran voglia di cambiamento interiore.

2.Nelle dieci tracce dell’album parli di temi a te cari, quali sono e come mai hai deciso di parlare di queste cose?

Sono le cose che fatico a dirmi e a descrivere con la razionalità, come i lutti, le malattie e le parti di me che penso di non conoscere. In fondo poi abbiamo tutti qualcosa del genere, l’inespresso, quel che si sente in pancia o come si dice più comunemente nel cuore. Con la musica raggiungo consapevolezze che non riesco a decifrare con la ragione e nemmeno con qualche terapia, perciò continuo il mio esorcismo perché penso senza presunzione di parlare per altri e non solo per me.

3.Sono tutti pezzi in inglese, è una scelta stilistica, un’abitudine o cos’altro?

È una scelta stilistica e un abitudine. Lo faccio da sempre ed è diventato il trucco per poter accedere alle stanze chiuse della mente. Con un’altra lingua, quando è davvero tua, hai accesso a lati del carattere e dell’inconscio che non hai con un’altra. Il tutto è nato dal voler imitare la musica internazionale, poi è passato dalla volontà di nascondersi e oggi è diventato una maniera, una scrittura automatica che mi aiuta a concretizzare idee e melodia.

4.Musicalmente è un album ricco di sfumature e sonorità diverse in cui rientrano anche influenze dei tuoi vari e variegati progetti precedenti anche se in questo caso l’approccio è più pop-cantautorale. Quali sono le influenze o il percorso che ti hanno portato a questo risultato?

Ascolto musica davvero diversa da me, sono attratto da ciò che non mi somiglia e da ciò che mai sarò. Apro le orecchie senza pregiudizi a tanti stili e lascio che mi influenzino, dal folkrore all’elettronica, passando attraverso mille sfumature. Traduco tutto in qualcosa di semplice e comprensibile, credo, per arrivare a più orecchie. Mi rifaccio spesso a chi è più alto di me, imparo senza pretendere di somigliare o di arrivare a mete che non mi somigliano. Lascio che tutto questo poi si rimescoli dentro in maniera personale e cerco di tradurlo in quello che scrivo. Sin da quando ho cominciato a suonare ero solo in una stanza e non ho mai smesso, quello era già il risultato.

5.L’album è uscito il 3 febbraio. Come sta andando?

Sono felicissimo, sulla carta sta andando davvero bene. Non lo dico per buttare incenso sul lavoro, perché ero soddisfatto già prima che uscisse. Credo sia importante riconoscere le proprie potenzialità ed i limiti. Se tutto fila liscio potrò portarlo in giro e farlo ascoltare, perché un disco nasce per questo, per girare.

6.Quali sono i tuoi piani, musicalmente parlando, per il prossimo futuro? Stai già lavorando su altri fronti?

Sto mettendo in ordine altri spunti ma mi sono dato una pausa dalla registrazione, sto buttando giù bozze di melodie e immaginari sonori. Mi piacerebbe svoltare al prossimo angolo che incontro, all’occasione creativa che mi si metterà di fronte in questa ricerca. Ho bisogno dell’oro contemporaneo, del tempo. Dopo l’ep (in quarantene varie) ho scritto circa cinquanta pezzi, ne ho salvati dieci per l’album. Non so se recupererò il fondo dell’iceberg, ma credo di voler continuare così, tra lo scroscio delle idee e una falce per limare il meglio. Nutro il desiderio di uscire dalla forma compositiva cantautoriale e di collaborare con altri musicisti, magari di applicare la musica in una forma diversa di quella della canzone. I desideri per me sono fatti così, vanno più lontano possibile ed il bello del futuro è che non esiste.