And you can’t build the night, lo strepitoso esordio di Diana

Diana, al secolo Roberta Arena, è una cantautrice e musicista siciliana. Il 29 settembre è uscito il suo album d’esordio: and you can’t build the night.

Sonorità pop e elettroniche che ben si mescolano all’ampio e interessantissimo utilizzo delle chitarre. Il folk cantautorale di Diana si sposa alla perfezione con i synth e le percussioni che l’accompagnano.

L’album, in uscita per Manita Dischi, contiene 9 tracce in cui la delicata e splendida voce di Diana ci parla di amori perlopiù malriusciti, di nostalgia, di sogni e desideri di difficile realizzazione. I brani hanno tutti un’inflessione malinconica, anche perchè, dice Diana: difficilmente scrivo quando sono felice.

Si parte con Lost, un brano che si svolge sopra le parole della Metamorfosi di Ovidio – in sottofondo – per parlare della vita in tutte le sue sfaccettature. Apre le danze un synth un po’ anni ’90 che lascia spazio alla voce. Si prosegue con Ottanta, primo singolo estratto dall’album.


Nostalgia di Saturno è il terzo brano ed il primo in italiano. Tornano i richiami alla mitologia ma soprattutto, nonostante il ritmo incalzante del pezzo, a farla da protagonista è la nostalgia. He was angry abbandona un po’ i synth e sfoggia un folk più cantautorale. Un brano che affronta il tema della violenza, del sentirsi imprigionati e senza via d’uscita.

Feel you e Se l’amore non è un’astronave sono brani che parlano d’amore in due modi diversi. L’amore come un gioco, un incontro non senza difficoltà. “Come un’astronave l’amore è un viaggio nell’infinito, nell’universo, è sentirsi invincibili, guardare il mondo da un altro pianeta, sentire che nulla può scalfirti, è sentirsi al centro dell’universo”.

Life is bad che già dal titolo non lascia scampo a molte interpretazioni, è un pezzo nostalgico ma molto intenso in ogni suo istante ed in ogni nota. Si passa poi al pezzo che dà il titolo all’album: and you can’t build the night è un pezzo in cui la chitarra e la voce si mescolano in armoniosamente in un pezzo bellissimo. Non a caso questo pezzo dà il titolo all’album, il pezzo più profondo e coinvolgente dell’album.

Si chiude poi con Festival che contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare non parla di festa e concerti ma di introspezione e dell’esser spesso soli con sè stessi.

Forse proprio il compito dell’album è quello di porre l’ascoltatore di fronte a sè stesso. Non è un album da mettere a tutto volume nelle feste universitarie, tutt’al più un album da ascoltare, con attenzione in giornate uggiose o col sole che sta tramontando. Un bellissimo esordio per questa cantautrice che, per chi si trova in zona, suonerà venerdì 5 ottobre ai Candelai di Palermo.