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Dipinto a rock: Fabbriche, polvere e un campanile nel mezzo di Simone Piva e i Viola Velluto

Nel 2009 Simone Piva e i suoi bandidos (Federico Mansutti, Luca Zuliani, Alan Liberale, Francesco Imbriaco, già citato per i Cinque uomini sulla cassa del morto) sono partiti del Nord-Est, per la precisione da Gemona, per raggiungere il Far West e, da lì, colpire tutti i mondi possibili con il loro rock che non fa prigionieri.

Dall’ultimo assalto alla carovana di Simone Piva e i Viola Velluto è nato Fabbriche, polvere e un campanile nel mezzo, titolo che ci riporta con lo sguardo a quella “provincia della provincia” descritta nel loro precedente album, Il Bastardo, uscito solo un anno fa.
I gringos di Simone Piva non possono fermarsi, e ci introducono immediatamente nel loro polveroso universo dove La battaglia infuria, titolo del primo pezzo del disco. Ed è in questo caotico sfidarsi di chitarre e revolver che la telecamera si avvicina agli occhi del bandito, colmi di fatica e di ricordi, di rabbia e di dubbi.

È questo il sentiero che la banda di fuorilegge color Viola Velluto ha deciso di percorrere, passando da scenari rock con i brani da dove vengo e Cani Sciolti a momenti in cui la sfrenata libertà soccombe ai pensieri che ci girano nella testa, tenendoci in ostaggio. Imprevisti è un solitario e silenzioso accampamento in cui la voce di Simone Piva è rivelatrice dei sentimenti che ogni fuorilegge porta con sé.
Mentre riprendiamo il cammino nel deserto roccioso, i Viola Velluto ci danno suggerimento che suona come una minaccia: non ti scordare mai di Sergio Leone. Il pezzo, dedicato al regista che ha creato l’immaginario del Far West in tutto il mondo, è una splendida armonia tessuta di trame che incontrano in ogni parola ed in ogni suono quelle del maestro del cinema.

E proseguendo tra Bukowski, Clint Eastwood e gli incendi di Atene del 2018, il branco di cow boys si lascia
alle spalle molta strada, per poi fermare i propri cavalli, girarsi e riguardare la strada percorsa, la propria
vita i propri sogni e i pensieri da bambini. È il destino di un uomo, traccia che chiude un album che ha
riempito il nostro stomaco affamato di fama, di rock e di cantautorato.