Irene Buselli

Le mille dimensioni di Irene Buselli: esce “Così sottile”, ed è una sorpresa

Così sottile è il nuovo singolo di Irene Buselli per Pioggia Rossa Dischi, primo tassello di avvicinamento all’album d’esordio in arrivo nel 2023.

La cantautrice, 26 anni, di Genova, sceglie di presentarsi attraverso una canzone che inizia con un filo di voce e finisce in un’esplosione di strumenti quasi orchestrale, a rappresentare, in musica, una debolezza che si fa forza, una sottigliezza che si fa spessore. Il testo infatti gioca, ma non troppo, con la vastissima gamma di significati che la parola ‘sottile’ assume a seconda del contesto: sottile può essere un corpo, una voce, ma anche l’ironia o l’intelligenza – e addirittura la lingua italiana ci permette di ‘andare troppo per il sottile’.

Ma le cose sottili non sono per forza destinate a spezzarsi: nell’atmosfera intima evocata dalle sonorità acustiche del brano, le parole diventano a poco a poco un manifesto e, al tempo stesso, un invito a scoprirsi, nella propria vulnerabilità, capaci di non farsi schiacciare da chi di quella sottigliezza sa vedere solo la fragilità.

“Così sottile” esce a ridosso di una giornata dibattuta ma importante per il genere femminile. In varie declinazioni questo testo può essere ricondotto anche alla condizione femminile attuale?

A volte con le canzoni succede che le scrivi pensando di raccontare qualcosa e sono poi in realtà loro, e le persone che le ascoltano, a raccontare qualcosa a te. Con “Così sottile” è stato così, nel senso che ne ho scoperto molti aspetti solo attraverso le orecchie degli altri, e, in particolare, sì: quando l’ho scritta non pensavo di riferirmi alla condizione femminile – e in effetti non sono prerogative femminili né la “sottigliezza” né il sostare in una relazione abusante – ma la quantità di storie che donne diversissime tra loro hanno voluto raccontarmi dopo averla sentita mi ha fatto riflettere molto sul fatto che la questione di genere sia forse inscindibilmente legata a quel “non sentirsi spessi abbastanza” – e al lasciarsi convincere da qualcun altro che non lo si è – che cerco di raccontare nella canzone. Mi vengono in mente le parole di Simone de Beauvoir su quanto siamo abituati a percepire il corpo maschile, sin dall’infanzia, come uno strumento per raggiungere obiettivi e tentare di mettere in pratica il desiderio della mente, e quanto invece al corpo femminile sia tradizionalmente richiesto di occupare poco spazio, di non essere un mezzo ma al più un fine del desiderio altrui. E, per citare invece Carolina Capria, noi donne spesso siamo educate a diventare “brave a rimpicciolirci e scomparire”, fisicamente e metaforicamente, a non alzare la mano per esprimere le nostre opinioni e far ascoltare i nostri bisogni, ed è in fondo anche di questa “sottigliezza autoimposta” che penso parli, con le dovute proporzioni, il testo di “Così sottile”.

Qual è stata la genesi di questo brano?

È stato un brano molto “fortunato” nella scrittura, nel senso che l’ho scritto sostanzialmente tutto di fila, in poche ore, e non è poi mai cambiato di una virgola dalla prima stesura. È stato contemporaneamente anche un brano dalla genesi anomala: la storia che racconta, di per sé, non è strettamente autobiografica, eppure le sensazioni che descrive sono così profondamente “mie” che mi è difficile dire se questa sia la mia canzone meno autobiografica o quella che lo è di più. Mi sono accorta che avevo creduto di parlare di qualcun altro e invece avevo soprattutto parlato di me. Insomma, forse mi sono appropriata della storia di qualcun altro ma, forse, era una storia che in tante forme era già la mia.

Il tassello che anticipa l’album è un sentiero per scoprirne le tematiche? Di cosa ci parlerà l’album di debutto?

Ho scelto “Così sottile” come tassello iniziale perché racconta molto di come è iniziato il mio viaggio nella musica e nel disco che verrà: non avrei mai immaginato non solo di cantare ma, in generale, che la mia voce – che è sempre stata “così sottile”, appunto, letteralmente e metaforicamente – avrebbe saputo in qualche forma farsi ascoltare e sarebbe diventata il mio mezzo di espressione principale. E invece eccomi qui, incredibilmente, con un album in uscita, che sarà soprattutto una messa a nudo delle cose che ho sempre fatto fatica a dire, molto introspettivo e intimo, sia nei testi che nei suoni.

Nella tua bio spieghi che volevi fare la scrittrice, ma sei infine laureata in una materia scientifica. La musica dove e da quando si colloca nella costellazione dei tuoi interessi?

La musica è sempre stata nella mia vita: ho studiato pianoforte per anni, da quando ero bambina, e ho sempre ascoltato tanta musica – soprattutto classica e cantautorato -, ma la voglia di scrivere canzoni è arrivata che avevo già 23 anni, una laurea in matematica e decine di racconti adolescenziali nei cassetti. Credo in realtà che la scrittura – prima in prosa, poi in musica – e la matematica per me abbiano sempre risposto, in modo diverso, allo stesso bisogno: indagare a fondo la realtà e poi tentare di metterla in ordine, che fosse nella forma rettilinea di una frase o nel rigore razionale dell’algebra. Non saprei neppure dire esattamente com’è successo che io abbia iniziato a scrivere le prime canzoni, ma so che a un certo punto c’erano delle cose che avevo bisogno di scandagliare ed esprimere e hanno trovato il modo di venire fuori così – e che questo mi ha cambiato la vita.

Fai parte anche di un collettivo di artiste, di cosa vi occupate e quali sono le istanze del vostro impegno?

Siamo cinque cantautrici riunite nel collettivo “Canta Fino A Dieci”, con cui cerchiamo di sensibilizzare il pubblico sul tema del gender gap nel mondo della musica. Un’azione semplice come quella di contare “con le dita” rivela infatti quanto la presenza di musiciste, ma anche di autrici, foniche, produttrici sia nettamente inferiore rispetto a quella maschile. Portiamo avanti diverse attività, e la principale in questo momento è quella di suonare live mescolando i nostri progetti e portandoli sul palco a cinque voci: essere insieme sul palco, oltre che un arricchimento musicale, è metafora dei nostri intenti di condivisione e rappresentanza, rendendo la musica uno strumento di unione e cassa di risonanza per il nostro messaggio.Abbiamo suonato un po’ dappertutto in giro per l’Italia, avendo anche la fortuna di calcare palchi importanti come quello dell’ Eurovision Village (Torino, 2022) e del Capodanno torinese (Piazza Castello, 2023).

Hai calcato diversi palchi, dove ti dirigerai quest’estate o nei prossimi mesi?

Nei prossimi mesi ho in programma diversi piccoli live in giro per il Nord Italia, soprattutto Torino (il 20 marzo e il 1 aprile), a Milano (data in arrivo), a Genova (la mia città, a fine marzo e metà aprile). Per l’estate il calendario è in fieri, ma spero che potremo vederci in qualche festival prima dell’uscita del disco (che è prevista in autunno).